La storia di Fausto e Iaio
QUELLA SERA IN
VIA MANCINELLI
Murales dedicato a Fausto e Iaio |
La strada e'
buia.Un vento di marzo sposta il lampioncino in fondo a destra,lo fa dondolare
come un'altalena.Nel silenzio si ascolta solo la voce del telegiornale da poco
iniziato.Una voce metallica che viene da qualche casa con le finestre aperte.Il
conduttore parla del rapimento Moro,dell'uccisione della scorta avvenuta due
giorni prima a Roma,delle inchieste iniziate in fretta e furia.Il silenzio
maschera il rumore sordo di passi veloci.Loro sono due ragazzi che vestono come
una volta:jeans scampanati,camicione a quadretti,giubbotti con le frange,capelli
lunghi.Di sabato,a quell'ora, percorrono la strada che divide in due il
quartiere Casoretto,via Mancinelli.Trecento metri senza luce,un luogo poco
frequentato,di sera come di giorno,buio,scuro.Fausto Tinelli e Lorenzo
Iannucci,parlano di Moro e di viaggi,di quei sogni che ogni ragazzo ha in testa
a diciotto anni.Il risotto di Danila,la madre di Fausto,li attende
fumante.Fausto non sopporta quando Jaio arriva in ritardo agli appuntamenti."La
prossima volta me ne vado,non ti aspetto più- dice all'amico ."Cerca di essere
più elastico-risponde Lorenzo.I passi si fanno più intensi e i pensieri corrono
veloci come razzi.Un pezzo di vita scorre come la trama di un film e i ricordi
prendono il sopravvento.Quei sabati al Parco Lambro con le chitarre,sognando un
po' di California,ad ascoltare chi tornava da mete lontane ognuno con la sua
piccola verità.Ricordi che si rincorrono come le chitarre di Crosby,Stills,Nash
e Young.Le voci degli amici ,delle ragazze,delle lunghe discussioni politiche.Le
prime esperienze con le donne consumate in poche ore,la fretta di correre
lontano e di fuggire via da Milano.Il suono della chitarra di Jaio,ricevuta in
regalo dallo zio solo due anni prima. E quei progressi fatti dai primi timidi
accordi alle canzoni vere e proprie imparate su manuali di contrabbando.Le feste
al Leoncavallo,i concerti di jazz ,il bar,spettacoli teatrali di compagnie che
vengono da lontano.Il blues di Jaio e i Rolling Stones che Fausto ama tanto
ascoltare. All'altezza del portone dell'Anderson School i passi d'improvviso si
fermano.Fausto e Jaio avvertono il pericolo,si voltano intorno per chiedere
aiuto.Intorno a loro c'è il vuoto, la solitudine. Così due giovani dall'accento
romano si avvicinano con fare sbrigativo.Li bloccano.Ora i quattro si trovano
faccia a faccia.Si fa avanti uno con l'impermeabile bianco e il bavero
alzato,avrà diciotto,vent'anni."Siete del Centro Sociale Leoncavallo?-dice con
voce squillante. Lorenzo e Fausto si guardano,sono increduli.Non rispondono.Il
senso di due vite si spegne sotto i colpi di otto proiettili
Winchester,7,65,sparati da un professionista. Un'esecuzione. I corpi si
accasciano a terra.Il primo a cadere è Fausto .Il proiettile lo colpisce
all'addome; gli altri tre in rapida successione all'emitorace sinistro,al
braccio destro e alla regione lombare sinistra..Lui compie una torsione su sé
stesso .Un quinto proiettile lo raggiunge di striscio bucando gli indumenti.Poi
tocca a Lorenzo,Jaio per gli amici.Tre colpi lo fanno crollare sul
marciapiede:Fausto è riverso sul piano stradale mentre Jaio è a breve
distanza,centrato più volte mentre tenta una fuga impossibile.Dopo quei colpi
che sembrano petardi scende un silenzio irreale.La strada si fa ancora più scura
e nel buio scappano gli assassini.Polizia e carabinieri ammetteranno che si
tratta professionisti,che nulla è stato lasciato al caso. Killer che avevano già
sparato altre volte:conoscevano le armi,come utilizzarle senza silenziatori.Due
ragazze appena entrate dall'oratorio,si affacciano dalla finestra e notano tre
persone fuggire e due corpi riversi in una pozza di sangue.Alla polizia diranno
che avevano sentito come dei petardi.Anche la perpetua della chiesa, che in quel
momento si trova nell'abitazione che dà su via Mancinelli,intuisce che qualcosa
non va e avvisa il parroco,Don Carlo Perego,uno di quei preti di quartiere che
ha visto crescere tutti i ragazzi in un'unica strada.Si avvicina,riconosce Jaio
e Fausto.Si china come in un atto di pietà e raccoglie il corpo mancante di
Lorenzo Iannucci che gli spira tra le braccia:Poi in un momento di lucidità
torna a casa e avvisa il 113.Don Perego piange come un bimbo,si dispera.Pensa a
quanto sia ingrata la vita."Perché proprio loro?-continua a chiedersi."Erano
così giovani,non avevano mai fatto di male a nessuno.Fausto veniva ancora sul
campetto dell'oratorio insieme con Lorenzo e io li facevo entrare purché si
limitassero a giocare al pallone e non parlassero con i nostri ragazzi di
politica".Detta queste parole mentre la via inizia a brulicare di
persone.Ragazzi come loro,di quel quartiere nella periferia est di Milano che
frequentano il Centro Sociale Leoncavallo.Nel quartiere c'è chi offre la sua
versione."Quella via era un pericolo-grida un conducente dell'autobus appena
rientrato nella vicina rimessa dell'Atm di via Teodosio.Una ragazzina si scansa
dal gruppo e piange.Il corpo di Lorenzo e' ancora coperto da un lenzuolo bianco
mentre quello di Fausto viene trasportato all'Ospedale Bassini in un disperato
tentativo di salvarlo. C'e' un via e vai di gente di ogni tipo.Ragazzi del
Centro Sociale si mischiano ai tanti abitanti del Casoretto che vengono a
rendere omaggio a due giovani delle loro strade.Giornalisti armati di taccuini
cercano una verità credibile ma le fonti istituzionali percorrono
disordinatamente piste di ogni tipo. C'è chi mette le mani avanti.Il capo di
Gabinetto della Questura Bessone si lascia andare,parla a braccio con alcuni
cronisti ."E' chiaro.Si tratta di un regolamento di conti,una faida fra gruppi
della nuova sinistra o inerente al traffico di stupefacenti":Nessuno gli
crede.Ci guardiamo stupiti.Traffico di stupefacenti?Faide tra gruppi?La matrice
di destra di quell'omicidio e' ben chiara ,viene sussurrata da molti quella sera
ma non ci sono prove.Gli assassini agiscono con la massima sicurezza. Così come
altrettanto certa risulta la loro provenienza. I tre scappano verso il Centro
Sociale Leoncavallo anziché fuggire verso la più vicina Piazza San Materno.Forse
perché non conoscono la città.Molti assistono alla dinamica dell'agguato.Lo si
saprà più tardi analizzando le varie controinchieste che Lotta
Continua,Avanguardia Operaia e il Movimento Lavoratori per il Socialismo.Vicina
ai killer si trova una testimone oculare,Marisa Biffi.Mette a verbale ciò che ha
visto.(Agli atti delle inchieste dei giudici Spataro,Barazzetta ,Mascarello e
Salvini).
"Tre ragazzi
sono in piedi sul marciapiede e si trovano a 5-6 metri da me.Contemporaneamente
un altro giovane e' leggermente piegato e si comprime lo stomaco con entrambe le
mani. Odo tre colpi attutiti che lì per lì sembrano petardi tanto che penso che
quel gruppo di quattro persone sta scherzando. Non vedo alcuna fiammata di arma
da fuoco. I tre giovani sul marciapiede scappano velocemente mentre quello che
e' piegato su se stesso cade in terra.Solo allora comprendo che e' successa una
cosa pazzesca e mi avvicino al giovane caduto anziché entrare subito nella
parrocchia.Scorgo la fisionomia di un ragazzo steso per terra in una pozza di
sangue.Subito oltre il suo corpo e quindi più vicino alla via Leoncavallo,c'è
davanti a me, ad un paio di metri, il corpo di questo ragazzo che prima non
avevo visto né in piedi né a terra.Posso senz'altro affermare che quello che
cade per primo e' Lorenzo Jannucci mentre quello già steso a terra e' Fausto
Tinelli.Nessuno dei due ragazzi pronuncia alcuna parola,neppure un'invocazione
di aiuto.Altrettanto fanno gli assassini che fuggono nel silenzio,avviandosi
verso via Leoncavallo.Escludo di aver visto mettersi in moto una macchina verso
via Mancinelli, subito dopo gli spari.Noto che il giovane con l'impermeabile ha
un sacchetto che sembra di cellophane bianco in mano.Mi pare che lo abbia
diretto verso il killer che si contorce e che entrambe le mani stanno dentro il
sacchetto.Il giovane sta sparando verso Jannucci .Non ho visto altri sacchetti
nelle mani dei due giovani e non ho neppure visto alcuno di loro assumere un
atteggiamento quale quello che può assumere uno sparatore.Secondo me allo
Jannucci spara una sola persona.Forse i colpi sono attutiti da un arma dotata di
silenziatore .Ripeto :ho la netta impressione che il sacchetto bianco sia di
plastica e che l'assassino vi tenga le mani dentro".
Il pomeriggio
per Fausto e Jaio inizia tardi,come ogni sabato.Fausto esce dal portone della
sua casa in via Montenevoso 9 alle 16,3O.Molti testimoni interrogati dal
magistrato Armando Spataro lo vedono intorno alle 17 al Parco Lambro.Poi dopo
aver scambiato qualche battuta con amici si alza dall'erba e se ne va.Sono le
18,3O.Anche Jaio quel pomeriggio si trova nel "pratone" del Parco ma non insieme
a Fausto:Lorenzo si dilegua alle 17 mentre Fausto arriva.Si reca in Piazza Duomo
dove lo attende Celina Hernadez,la sua ragazza.Vanno a spasso insieme,mano nella
mano come due innamorati;osservano le vetrine del centro,entrano in un bar, poi
alle 19 prendono la metropolitana.Da Duomo a Pasteur il tratto è breve,solo una
manciata di minuti. Jaio ha un appuntamento,proprio con il suo amico Fausto.Di
sabato si usa andare da Danila che cucina bene ed e' felice di vederli
insieme.Si trovano in trattoria,quella che sta davanti al Centro Sociale
Leoncavallo,La Creuta Piemonteisa.Celina torna a casa.E' l'ultima volta che
bacia il suo Jaio.Fausto arriva un pò in anticipo.Alle 19 si siede vicino
all'entrata con Maurizio.Si ride,si parla.Si tira mezz'ora poi dalla porta
spunta Jaio,sorride,si scusa."Capitemi anche voi-dice mentre guarda verso
Fausto."Capisco,capisco ma ora c'è il risotto,altrimenti Danila si arrabbia e ha
tutte le ragioni di questo mondo".Sono le 19,35.Passano pochi minuti e Fausto e
Jaio escono dal locale.Una ragazza del Centro dichiara che fuori dalla
trattoria,che ha dei teli sulle vetrine,si vedono come delle ombre cinesi che si
allontanano.Nel locale gli avventori notano la presenza di tre individui mai
visti prima di allora.Hanno circa vent'anni, alti un metro e settanta.La
descrizione combacia perfettamente con quella degli assassini.Secondo la
ricostruzione di due giornalisti di Radio Popolare,Umberto Gay e Fabio Poletti,i
due ragazzi non entrano subito da via Mancinelli ma per un motivo ancora
inspiegabile" si incamminano lungo via Lambrate in direzione di Piazza San
Materno per poi risalire lungo via Casoretto".La circostanza smentisce almeno
tre controinchieste del Quotidiano dei Lavoratori,Lotta Continua e La
Sinistra.Lc di venerdì 24 Marzo 1978 scrive che "gli assassini li attendevano
fuori dalla trattoria e dopo aver visto Fausto e Jaio uscire e imboccare via
Mancinelli sono saliti su una moto e una macchina che ha girato intorno
all'isolato del deposito ATM Teodosio che si percorre a piedi in cinque minuti
mentre dalla trattoria al luogo dell'agguato,due persone che parlano tra loro ci
impiegano lo stesso tempo".Anche il quotidiano dell'MLS, La Sinistra, si cimenta
in una ricostruzione analoga."Dopo essersi accertati della presenza dei giovani
del centro sociale nella trattoria,magari appostandosi nella stessa via
Leoncavallo con le vetture,gli assassini avrebbero aspettato che qualcuno di
questi imboccasse via Mancinelli per far scattare la trappola:con i mezzi il
commando si sarebbe fatto trasportare in via Casoretto-Piazza San Materno
percorrendo via Teodosio o via Lambrate in tempo per scendere dalle vetture e
incrociare Fausto e Jaio in via Mancinelli".Gay e Poletti portano nuove prove
alla loro tesi. C'è la testimonianza dell'edicolante all'angolo tra via
Casoretto e via Mancinelli.Li sente parlottare."Commentavano i titoli delle
edizioni straordinarie dei giornali sul caso Moro"-dice con assoluta
certezza."Si sono fermati per pochi secondi poi sono andati verso il deposito
dell'Atm".Sono le 19,55, qualcosa li attira dentro via Mancinelli.Ad attenderli
ci sono i killer. Sono in tre.Due hanno l'impermeabile bianco con il bavero
alzato.L'altro indossa un giubbotto marroncino chiaro,di finto cammello.Formano
un capannello davanti al portone dell'Anderson Scholl. Gay e Poletti sostengono
che almeno uno degli attentatori e' conosciuto ai ragazzi.Ma Ornella Rota della
Stampa ,il 22 marzo 1978 dice che Marisa Biffi,la testimone oculare,vede i
cinque fronteggiarsi per pochissimi istanti .
"Potrebbe
confermare che prima di sparare gli assassini hanno voluto assicurarsi che
Lorenzo e Fausto fossero del centro sociale".Ci sarebbe un altro teste,un certo
Tiziano.Abita in via Casoretto 8.Esce di casa poco prima delle 20,riconosce
Fausto e Jaio che imboccano via Mancinelli.Li saluta.Bastano pochi secondi per
capire ciò che sta per accadere.Vede due giovani che corrono in direzione di via
Casoretto,come se fossero appostati nella piccola rientranza tra l'edicola e
l'angolo della via. I due corrono velocemente.Uno prende al volo l'autobus
55,porta un giubbotto marroncino,capelli ricci,castano chiaro. L'altro si guarda
intorno,lo accoglie un attimo di indecisione.Poi si allontana in via
Accademia.Verso le 20 un anziano passante scorge un movimento strano.All'angolo
tra via Casoretto e Piazza San Materno giungono una macchina e una moto che si
fermano solo il tempo necessario per far scendere tre giovani,due con
l'impermeabile chiaro e il bavero alzato,uno con il giubbotto.Il commando era
dunque formato da cinque persone.Due coprivano i tre killer dentro via
Mancinelli.Dovevano per forza conoscere la zona,forse ci abitavano pure.Avevano
condotto i killers venuti da fuori nel luogo del delitto poi,a lavoro finito,si
sono dileguati nel nulla.Gay e Poletti,nel loro dossier del marzo 1988,ricordano
che" i due giovani visti da Tiziano non sono stati notati da Marisa Biffi,la cui
attenzione era attratta dal gruppo dentro a via Mancinelli."
In quella via
Fausto e Jaio trovano la morte.I tre assassini sono armati ma solo uno,il più
grande del gruppo,quello più esperto estrae una Beretta 8O ed esplode otto colpi
calibro 7,65 con proiettili mantellati di tipo Winchester.I ragazzi del
Casoretto sono proprio davanti all'assassino,lo guardano in faccia.Lui spara a
freddo,prendendo accuratamente la mira,incurante del tempo che passa e dei
testimoni che possono riconoscerlo mentre i due complici lo proteggono a breve
distanza.Uno di loro ha in mano una calibro 9.L'arma che uccide è automatica e
il sacchetto di cellophane o di tela visto da Marisa Biffi è senza dubbio uno
stratagemma per evitare l'espulsione dei bossoli.Un sistema diffuso negli
ambienti della malavita romana .Così si spiegherebbe la contraddizione tra il
rumore prodotto dalla pistola,descritto da quasi tutti i testi come attutito o
scambiato per mortaretti e petardi,con l'impossibilità di utilizzare un
silenziatore su una pistola a tamburo,cosa invece possibile per
un'automatica.Qualche ora dopo l'omicidio viene rinvenuto,come scrive il giovane
cronista dell'Unità Mauro Brutto,un proiettile schiacciato che era accanto al
corpo di Jaio.Nessuno lo ha notato,e' posto in una rientranza del marciapiede.
Mauro sa che quella è una prova in grado di indirizzare gli inquirenti sulla
pista giusta."Riconoscere a prima vista il calibro di un proiettile schiacciato
non è cosa facile neppure per un esperto".
Anche sulla
dinamica dell'omicidio Brutto prova a tracciare un suo identikit del killer.Lo
fa da esperto giornalista di nera preso da una forte emozione : quella storia di
ragazzini di quartiere ammazzati in modo barbaro lo ferisce."E' stato possibile
compiere una prima analisi sui due corpi che riconferma la ferocia degli
assassini e la chiara volontà di uccidere.Iannucci è stato raggiunto da due
colpi alla gola,sparati dal basso verso l'alto,come se il killer avesse estratto
la pistola improvvisamente,mentre era a lui vicino.Sul corpo di Tinelli sono
stati contati 7 fori di entrata:due al torace,uno nella regione ascellare
destra,uno all'inguine dalla parte destra,uno al braccio destro,uno al gluteo
destro e l'ultimo al fianco destro.E' evidente che ha continuato a sparare al
giovane anche dopo che era caduto a terra".Mauro parte di prima
mattina,controlla le sue fonti,passa più tempo a verificare i fatti che a
scriverli.Fuma sessanta Golois senza filtro al giorno.Era un cronista di
strada.Di sera torna in redazione.Me lo ricordo.Toglie il suo impermeabile
rigorosamente bianco,mette sul tavolo le lattine di birra e i pacchetti di
sigarette.Rimane lì fino a tardi,con la sua luce fissa e migliaia di carte che
incolla.Sono appunti ,brogliacci,fogli."Poi quando penso di essere alla fine
della mia inchiesta li srotolo e tutto mi sembra più chiaro".Mauro e' arrivato
molto vicino alla verità.Quel caso lo appassiona più di ogni altro.Dal 18 marzo
1978 lavora giorno e notte,come un infaticabile macchina cerca-notizie.Lo dirà
anni dopo a Danila,la mamma di Fausto:"Ebbi l'impressione che fosse giunto al
termine della sua inchiesta"-ricorda con tanta commozione."Mauro venne a casa
mia come un amico di lunga data.Stava lavorando sul connubbio tra trafficanti di
eroina,fascisti milanesi e romani,apparati dello Stato,me lo aveva
confidato".Disse che "la verità di Fausto e Jaio non era così chiara come
qualcuno voleva farla apparire".Ora Mauro non c'è più ma le sue intuizioni
rimangono stampate nero su bianco.Una auto bianca lo investe in circostanze
misteriose in via Murat ,alle 20,45 del 25 novembre 1978,pochi mesi dopo
l'omicidio del Casoretto mentre ,pochi minuti prima ,si era recato in un bar ad
incontrare una persona rimasta senza volto,probabilmente una fonte.Quel giorno
che morì, secondo l'amico e collega Beppe Ceretti ,"doveva recarsi a Lambrate e
in Piazza Maciachini".Esce dalla sua macchina,una Cytroen Pallas rosso amaranto
ed entra nel bar tabacchi in via Murat all'altezza del numero 36.Rimane il tempo
per comprare due pacchetti di sigarette,le sue Golois,beve un aperitivo poi
schizza fuori.Supera la prima metà della strada,proprio sulla striscia bianca
che divide le carreggiate.Guarda da una parte,c'è una Fiat 127 rossa,attende il
passaggio ma nella direzione opposta appare una Simca 1100 bianca che viaggia a
70 chilometri all'ora.
In pochi
minuti via Murat è piena di volanti della polizia,carabinieri,magistrati.Uno
spiegamento esagerato per un semplice incidente. A provocarlo è una misteriosa
telefonata al 113,fatta da uno sconosciuto:"Accorrete in via Murat perché c'è
stata una sparatoria ".Mauro porta inoltre con sé un grande borsello con la
tracolla che,in seguito all'urto,è caduto al centro della corsia opposta a dove
giace il corpo.Molti testimoni dicono di aver visto una mini minor rossa
passarci sopra e trascinarlo via.In particolare Agostino Ribolla segnala agli
agenti di avere sentito il rumore del trascinamento del borsello.Lì dentro ci
sono documenti importanti,un vero e proprio dossier : viene ritrovato in via
Populonia,a pochi passi da via Murat ma del contenuto scottante non vi e' più
traccia.Brutto Un giorno mentre e' in via Arquà,nei pressi di via Mancinelli
deve sfuggire a tre colpi di pistola.Prende al volo un taxi che lo porta lontano
dagli attentatori.E' andato al Casoretto per l'inchiesta su Fausto e Jaio,forse
per incontrare una persona in grado di passargli importanti informazioni.Ciò
accade dieci giorni prima di morire.Ma c'è un'altra pista .Mi è stata raccontata
da Gerry che per quindici anni ha lavorato alla rivista Maquis,specializzata in
terrorismo e servizi segreti internazionali."Mauro Brutto si stava inoltre
occupando delle infiltrazioni nelle Brigate Rosse da parte dei servizi
italiani.Avrebbe scritto un lungo articolo per la rivista Maquis.Poco prima
dell'incidente di via Murat venne avvertito dal giornale che l'inchiesta si
faceva un pò troppo pericolosa.Tre giorni dopo una Simca bianca stroncò la sua
giovane vita.Strane coincidenze".Due giorni prima di morire ,Mauro si presenta
al Nucleo Investigativo dei carabinieri di Milano e cerca il colonnello Gerolamo
Cucchetti.Vuole consegnare un dossier su Fausto e Jaio.Rimangono le sue
intuizioni sul caso di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci."C'era un vuoto di
dieci minuti nella ricostruzione di ciò che è avvenuto sabato 18 marzo in via
Mancinelli al Casoretto.Un vuoto che era già apparso come l'elemento risolutivo
del caso." -scrive sulle pagine dell'Unità.Qualcuno in Questura aveva fatto
circolare la voce che la pistola fosse a tamburo,tipo calibro 32 ma Mauro smonta
il tentativo di depistare l'indagine ."E' un'ipotesi tirata per i capelli come
del resto quasi tutte quelle formulate.Non si capisce per quale motivo gli
attentatori dovrebbero aver modificato la pistola le cui munizioni,le 7,65,sono
normalmente in commercio e facilmente reperibili".Il cronista non è avaro di
particolari."C'è almeno un elemento certo nelle indagini sulla barbara uccisione
di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli.I killer per uccidere hanno usato pistole
automatiche avvolte in sacchetti di plastica.Per questo motivo sul luogo
dell'omicidio non sono stati trovati i bossoli ed i testimoni hanno sentito
colpi ovattati.Un particolare che conferma il livello di professionalità:gli
assassini non hanno voluto rinunciare al vantaggio della rapidità di tiro
fornita da una pistola automatica senza però correre il rischio di disperdere i
bossoli e lasciare quindi una traccia che in qualche modo poteva portare a
loro.La necessità da parte degli assassini di sfruttare la rapidità di tiro
delle automatiche indica che intendevano essere certi di uccidere nel minor
tempo possibile per non dare ai testimoni la possibilità di descrivere,anche in
modo approssimativo,i loro volti".Un racconto minuzioso. E loro,i killer,dove
corrono? Seguiamo i tre in via Mancinelli.Potrebbero tornare verso via Casoretto
ma scelgono di percorrere l'intera via,lunga trecento metri,con il rischio di
imbattersi in qualche macchina di polizia e carabinieri.Con le armi in mano
iniziano la lunga corsa.Si voltano intorno.Scorgono le sagome dei corpi senza
vita di Fausto e Jaio,gli voltano le spalle.Uno di loro,quello più alto,lo
sparatore si accorge che una donna li ha visti ma è certo che il buio di quella
via non avrebbe mai potuto permettere la completa identificazione .Nel silenzio
di quella sera si sente il rumore delle scarpe sull'asfalto. I due giovani con
l'accento romano , l'impermeabile bianco e il bavero alzato percorrono il
marciapiede di sinistra mentre quello con il giubbotto marroncino prosegue a
destra. E'una fuga che dimostra la sicurezza di non essere riconosciuti ed
eventualmente la decisione di sparare anche su chiunque li volesse fermare.Se
fossero scappati verso Piazza San Materno avrebbero trovato bar e trattorie
aperte:inoltre davanti al ristorante" Il Faro" staziona una macchina dei
carabinieri; via Mancinelli e' buia e deserta,così come il centro sociale
Leoncavallo e' chiuso,dato che il concerto inizia più tardi.
I killer
corrono fin quasi all'angolo con via Leoncavallo. Lì,a pochi metri,c'è
l'ingresso a un garage pubblico che conduce anche al retro del Centro.Esce
Natale di Francesco,un uomo claudicante, che incrocia i due: dirà poi che
avevano tra i 18 e i 2O anni , che erano alti un metro e settanta e indossavano
impermeabili chiari. L'altro del commando prosegue sul marciapiede di destra e
all'altezza del deposito incrocia una macchina dei carabinieri che procede in
senso opposto.Il fatto,decisamente inquietante,viene reso noto da Lotta
Continua.Il quotidiano scrive che "mentre i tre,due su un marciapiede e il terzo
sull'altro,arrivano quasi in fondo a via Mancinelli,sta entrando in contromano
proveniente da via Leoncavallo la prima gazzella dei carabinieri:i tre si
mettono a camminare,due entrano mentre passa la gazzella,in un cortile che dà
anche sul retro del Centro Sociale:l'altro entra in via Chavez".Se fosse
confermata questa versione ,una macchina dei carabinieri avrebbe incrociato per
pochi secondi uno degli assassini di Fausto e Jaio senza però
fermarlo,chiedergli almeno i documenti.
"Era una voce
che avevamo raccolto nella zona da un testimone ma non so dire se corrisponda al
vero"-dice il compianto Angelo Brambilla Pisoni,alias Cespuglio, che per il
giornale condusse inchieste approfondite.Secondo altre testimonianze mai
ufficializzate dalla polizia quello con il giubbotto marroncino avrebbe
attraversato via Leoncavallo a piedi e raggiunta via Chavez si sarebbe dileguato
con una moto di grossa cilindrata guidata da un complice verso via
Padova.
La scena si
sposta a pochi metri dal luogo dell'agguato.Sono le 20,05.Una moto sfreccia in
Piazza Durante proveniente proprio da viale Padova,incrocia volanti e gazzelle
che stanno andando in via Mancinelli.In una cabina telefonica una ragazza
capisce che la moto è in difficoltà ,procede a zig zag tra il traffico e un
ragazzo con un giubbotto marroncino lancia in una siepe dei giardinetti pubblici
una pistola Beretta calibro 9 con il numero di matricola limato,il colpo in
canna e sei proiettili nel caricatore.Il fatto viene descritto anche da Angelo
Palomba,abitante in via Garofalo 46.Non e' l'arma che uccide Fausto e Jaio ma e'
pronta a fare fuoco in caso di bisogno.La moto sembra dileguarsi nel
nulla.Passano pochi secondi e un'altra ragazza che si trova in Piazza Aspromonte
la vede passare,ci sono due giovani a bordo,quello dietro scende ,armeggia sulla
targa e toglie una specie di mascherina .Si fa coraggio e si presenta ai
carabinieri: mette a verbale la sua descrizione dell'uomo del commando."Era alto
un metro e Settanta,capelli scuri mossi,ha circa 25 anni,indossa un giubbotto
marrone chiaro".Gli assassini scappano in direzione via Leoncavallo e non si
capisce la ragione.Un particolare che lascia perplesso anche Carmine
Scotti,poliziotto della narcotici e della Digos di Milano,ora alla Questura di
Cremona.E' il primo ad indagare inquadrato nella polizia giudiziaria,per conto
del magistrato Armando Spataro.Un caso che gli sta a cuore.Ancor oggi."Mi resi
conto che era gente che veniva da fuori Milano.Gran parte di loro erano
professionisti ,avevano già sparato ma provenivano da un giro diverso da quello
della criminalità comune.Lo capiì da come si vestivano.Appartenevano ad un ceto
diverso da quello di Fausto e Jaio.Usavano gli impermeabili chiari come una
sorta di divisa.Qualcuno anche per nascondere armi lunghe.Nel gruppo uno dei tre
era scafato,per modalità di esecuzione,per scelte logistiche.Venne scelto con
cura il luogo:buio,isolato,vicino alla stazione Centrale e la tangenziale
est".
Sono pochi i
buchi neri sulla meccanica dell'agguato.In molti pensano che Fausto e Jaio
possano aver conosciuto i loro aggressori.Lo scrivono su alcuni
giornali.Insinuazioni pesanti,messe in giro ad arte per spostare le inchieste
che seguono in altre direzioni.Esattamente come per tutte le stragi. Mauro
Brutto dell'Unità non lascia dubbi."L'unico dato certo che polizia e magistrato
hanno confermato alla stampa è che Lorenzo e Fausto sono caduti in un vero e
proprio agguato e non sono state vittime di una lite o di un diverbio scoppiato
all'improvviso.Anche se i due ragazzi sono stati visti da alcuni testimoni
parlare con gli assassini,costoro li avevano attesi lungo la strada che portava
a casa di Tinelli,con in tasca pistole avvolte in sacchetti di plastica per
impedire ai bossoli di cadere in terra e cancellare un importante traccia
".Qualcuno decide la morte dei ragazzi del Leoncavallo ma un fatto,una
circostanza li induce ad accelerare l'agguato.Quale?Fausto e Jaio erano seguiti
da giorni,così come Danila,la madre di Fausto."Mi seguivano macchine targate
Roma e una moto di grossa cilindrata targata Milano- dice Danila -Il padrone
della moto era uno di Vimercate .L'avvocato Mariani (parte civile per la
famiglia Tinelli) ne possiede perfino il numero di targa.Tra dicembre 1977 e
Gennaio 1978 c'era una mini rossa che mi pedinava.Anche Fausto veniva seguito da
almeno quattro settimane prima di essere ucciso".Nel Gennaio 1978 Fausto
manifesta apertamente timori e paure che confida alla fidanzata ."Silvana sono
preoccupato-dice- quando è sera mi guardo intorno e penso sempre che qualcuno mi
segua.Non voglio passare più da Piazza Udine".Il padre di Silvana accompagnerà
spesso il ragazzo a casa,in via Montenevoso 9.
Sono quasi le
17 del 18 Marzo 1978.Jaio e' già fuori casa e si incammina verso il Parco
Lambro.Uno squillo di campanello rompe la routine di un tranquillo sabato
pomeriggio a casa Iannucci."C'è qualcuno alla porta"dice Jaia,sorella di
Lorenzo,rivolgendosi alla madre indaffarata nei mestieri di casa."Vado io ad
aprire".E Jaia apre la porta.Vede un uomo di colore sui trent'anni
,probabilmente un africano che parla solo inglese e che sembra molto
spaventato."Eight o'clock,eight o'clock,Danger,danger"-continua a ripetere
meccanicamente mentre mostra un orologio al polso.La signora Iannucci e Iaia
rimangono allibite."Cosa vuol dire?Pericolo alle otto".Si guardano senza capire.
Perché quell'africano suona proprio il loro campanello?Che cosa lo agita
tanto?L'uomo non conosce l'italiano non riesce a spiegarsi meglio.Mentre corre
giù nelle scale ripete quasi meccanicamente il suo messaggio.Chi era ?Che cosa
aveva sentito?Non c'è risposta ma nel quartiere Casoretto in molti sanno che si
prepara qualcosa di grosso.Dovevano saperlo in tanti perché le modalità fin qui
descritte portano ad una conclusione certa:solo una vasta rete di complicità può
consentire ai killer di colpire e sparire."Non capì il senso della frase ma alla
luce dell'omicidio avvenuto poco prima delle 20 l'uomo di colore forse voleva
avvertirci che qualcosa sarebbe accaduto proprio a quell'ora".Di misteri
l'omicidio del Casoretto è fin troppo intriso.Il padre di Jaio,Mario
Iannucci,operaio della Nuova Innocenti, è alla finestra della sua abitazione al
Casoretto.Vede un gran passare di macchine di polizia e carabinieri e di
autoambulanze.Fin qui tutto è regolare.La sorella di Lorenzo sostiene che il
fatto accadeva due minuti prima del duplice omicidio."La prova sta nell'orologio
del campanile della chiesa di Piazza San Materno che suona due volte,tre minuti
prima e tre minuti dopo l'ora,da sempre.Quella sera i rintocchi battono
esattamente alle 19,57 e alle 2O,O3"mi dice Jaia con una sicurezza matematica.Da
che parte provengono quelle macchine?Dove sono dirette?Chi le ha chiamate?Danila
Tinelli racconta un particolare che conferma la tesi dell'omicidio premeditato e
l'agguato in piena regola che sarebbe dovuto scattare da lì a pochi
giorni."Quattro giorni prima che Fausto morisse arrivò una telefonata.Era una
ragazza .Si presentava come amica di mio figlio.Mi chiedeva però che scuola
faceva,a che ora ritornava a casa.Due giorni dopo,tornando dal lavoro ,mi
scontrai sulle scale con una ragazza sui 21-22 anni.Vestiva
elegantemente,all'ultima moda:stivali in pelle,soprabito,capelli castani con una
riga da una parte.Una vecchietta che abitava nel mio palazzo mi disse che le si
era presentata poco prima una ragazza .La descrizione combaciava perfettamente
con quella che incrociai sulle scale. L'anziana signora cadde nella trappola.La
ragazza le chiese vita,morte e miracoli di Fausto:notizie di ogni
tipo,comportamenti,abitudini.Gli assassini erano in possesso di dati utili per
far scattare il piano.Quando tornò a casa Fausto gli spiegai ciò che era
accaduto.Mi disse che non conosceva nessuna persona con quelle caratteristiche
.Sono convinta che la donna faceva parte del commando che uccise mio figlio".Il
sabato che precede l'omicidio Danila ha come un presentimento."Sentivo
l'angoscia crescere.Era sera e Fausto,Jaio e Ivano Valtesi uscivano da casa
mia,credo fossero diretti al Leoncavallo per un concerto.Dissi loro di non
passare da via Mancinelli,era troppo buia,perché qualcuno avrebbe potuto
sparargli alle spalle.Quelle telefonate,la ragazza con l'impermeabile mi avevano
fatto pensare che qualcosa di brutto potesse accadere a quei ragazzi,ne ero
certa.Poi c'è un altro particolare.Fausto aveva abitudini regolari.Andava a
scuola alla stessa ora.Alle 14,30 tornava a casa,mangiava,alle 16 prendeva il te
con i biscottini,alle 17 andava al Leoncavallo,alle 20 circa era nuovamente a
casa.Era facile colpirlo.Bastava seguirlo,controllarlo per poche ore ,come è
stato fatto dai suoi assassini"..Danila racconta mentre le scende una lacrima
sul volto."Fausto e Jaio sono stati trattati come fossero dei fantasmi.Invece
erano persone in carne e ossa.Non facevano del male a nessuno.Sono stati anni
duri,diciotto lunghi anni di silenzio.Noi chiedevamo giustizia,uno straccio di
prova che potesse aprire il processo.Solo pochi ci hanno dato una mano.Oltre a
te ci sono quelli del Centro,Brutto,Gay,Poletti.
E' lo stesso
silenzio che anticipa la volontà di insabbiare,di dimenticare,come per tutte le
stragi che hanno insanguinato il nostro paese.Noi lì a chiedere giustizia.Gli
altri,polizia e magistratura,a tacere.Si è fatto poco sul caso di Fausto e
Jaio,si sono persi momenti preziosi,attimi che avrebbero potuto far emergere le
trame nascoste che li portarono alla morte.Forse perché avevano diciotto
anni,frequentavano il Centro Sociale,portavano i capelli lunghi.Forse perché non
erano uomini potenti,magari dei ministri ".
dalla prefazione di
"Fausto e Iaio, la speranza muore a diciotto anni" di Daniele Bianchessi
FONTE: www.faustoeiaio.org
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