Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224

Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224
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IL RASTRELLAMENTO DI 
OLBICELLA, MOLARE
E PIANCASTAGNA

Albergo Talin sede del comando partigiano
L'operazione di rastrellamento venne condotta dalle milizie tedesche attraverso due direttrici: la prima dalla strada Molare – Olbicella e l'altra dalle strada Acqui Terme – Piancastagna – Sassello.
Il 10 ottobre 1944 alle cinque del mattino le vedette appostate sulle alture di Madonna delle Rocche diedero l'allarme: una ventina di automezzi, all'interno di ognuno dei quali circa una trentina di soldati armati sino ai denti, stava attraversando la frazione. La figlia di Abele de Guz (il custode della Diga di Molare) prese la bicicletta e si precipitò in Loc. Binelle ad avvertire la squadra di partigiani appostata con la mitragliatrice Breda 37. Vennero accese le micce delle mine posizionate sul selciato stradale poco a monte di Loc. Marciazza. Non esplosero perchè “Gabriele”, capitano del Genio ed incaricato di predisporre l'esplosivo, era in realtà un S.S. tedesco, infiltrato tra i Partigiani. Le truppe tedesche arrivarono indisturbate al passo delle Binelle. Qui la mitragliatrice Breda 37 aprì il fuoco sulla colonna in avvicinamento che ebbe numerose perdite. Dopo pochi minuti di fuoco serrato la mitragliatrice fu danneggiata e i tre Partigiani appostati fuggirono guadando il fiume. La colonna tedesca proseguì lentamente verso Olbicella dove risiedeva il comando operativo dei partigiani. Poco dopo l'agguato delle Binelle i tedeschi si scontrarono frontalmente con una corriera proveniente da Olbicella piena di partigiani (una quarantina). La sorpresa fu reciproca: i partigiani si aspettavano infatti una colonna tedesca decimata dalle mine e dalla mitragliatrice mentre i tedeschi erano ancora provati dalla precedente imboscata ma non certo decimati. Purtroppo i numeri giocarono un ruolo fondamentale nello scontro ove perirono sei partigiani. Giovanni Villa detto “Pancho” medaglia d'argento, riuscì correndo per i boschi a precedere l'arrivo dei tedeschi ad Olbicella e ad avvertire i compagni che si appostarono concitatamente per la battaglia. “Pino” fu il primo ad Olbicella ad aprire il fuoco contro le truppe. Una seconda colonna di tedeschi era in arrivo da Tiglieto e fu attaccata all'altezza del Rio Olbicella (Pian del Fo') da due partigiani: “D'Artagnan” e “Piccolo”. Quest'ultimi furono colpiti mortalmente dopo alcuni minuti di furiosa lotta.
Frattanto “Pancho”, “Oscar”, “Ruggero”, “Febo”, “Pulce”, “Piccio”, “Aria” ed un soldato
disertore della San Marco unitosi da poco trai partigiani, ripiegarono sulle alture di Olbicella.
Dopo un'ora di appostamento i tedeschi iniziarono a battere con il fuoco tutta l'area. “Oscar”,
Giovanni Villa "Pancho"
“Ruggero” e “Febo” riuscirono miracolosamente a fuggire, ma per altri sette non ci fu nulla da fare: furono presi i condotti alla chiesa di Olbicella. Qui la località molarese visse le ore più cupe della storia conosciuta. Molte case furono bruciate come ritorsione verso i contadini colpevoli di aver aiutato i partigiani. Alle 17 i sette prigionieri furono messi al muro nella piccola piazzetta tra la chiesa ed l'Albergo Talin. Il plotone ormai pronto al fuoco fu fermato dall'arrivo di una vettura di un alto ufficiale tedesco. I compagni di riebbero quasi sperando nella deportazione nei campi di prigionia. Ma quando da un camion un soldato tedesco uscì con in mano una serie di corde il pensiero più atroce affiorò prepotente nelle menti dei poveretti. “Aria” il più giovane (soli 16 anni) fu preso da parte, condotto dietro la chiesa, e barbaramente pestato a sangue. Poi,sanguinante, e non in grado di reggersi in piedi, fu condotto di peso alla piazzetta e fu costretto ad assistere all'esecuzione. I tedeschi obbligarono i sei partigiani di mettersi il cappio al collo.
Stele dedicata ai caduti della Div. Mingo
“Pancho” si rifiutò e sputò in faccia al suo boia mentre questi gli metteva la corda al collo. Il tedesco furente diede un calcio allo sgabello poi col calcio del fucile vibrò un tremendo colpo sul volto del giustiziato staccandogli la mascella. L'indomani il padre di “Pancho” riconobbe il figlio dalla divisa. Si racconta che una donna, colpevole di aver soccorso un partigiano, fu costretta a dare un calcio ad uno degli sgabelli che sorreggeva la vita del partigiano.
Alla sera l'autocolonna tedesca lasciò il paese in fiamme con i sei corpi ancora appesi agli alberi.
Sulla strada del ritorno i tedeschi registrarono ancora vittime a causa di una mitragliatrice appostata sulle alture. “Aria” (alias Mario Ghiglione) fu condotto più morto che vivo nella prigione di Silvano d'Orba.
La notte calò finalmente su quella terribile giornata. Ma la battaglia di Olbicella fu solo la metà di ciò che quel medesimo giorno accadde nell'alta Valle Orba. Pochi chilometri ad Ovest infatti, a Piancastagna, si consumò il tragico ed eroico epilogo del “Capitano Mingo”.
Al partigiano “Aria”, venne conferita, in occasione del 60° anniversario della Liberazione, dal
Consiglio Comunale di Castelletto d'Orba, la cittadinanza onoraria “Per aver combattuto giovanissimo nelle formazioni partigiane operanti nelle nostre valli, a difesa dei valori della libertà, della democrazia e della convivenza tra i popoli, restando esemplarmente fedele in questi sessanta anni ai principi etici e morali della Resistenza ”.

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