ECCIDIO DELL'OLIVETTA
(PORTOFINO)
La dinamica e la casualità dell'eccidio dell'Olivetta, a Portofino, è particolarmente angosciante, e particolarmente difficoltosa è stata la sua ricostruzione. Dei 22 partigiani (tranne uno) prelevati dalla IV sezione del carcere di Marassi nella notte tra il 2 e 3 dicembre 1944 non si era saputo più niente. Al momento era stato detto qualcosa di vago su uno scambio, mai avvenuto; si poteva pensare che fossero stati deportati in Germania. Solo dopo la Liberazione le ricerche portarono a collegare quella sparizione con un fatto, rimasto segreto, accaduto a Portofino proprio in quella notte e al quale solo alcune testimonianze davano credito. Un gruppo di 22 giovani era stato condotto alla piccola spiaggia dell'Olivetta, a Portofino, mentre uno di loro gridava di essere totalmente estraneo al fatto. Questo coincide con le testimonianze raccolte a Marassi, secondo le quali il gruppo dei condannati era composto da 21 persone, ma, credendo che si trattasse di uno scambio di prigionieri, un detenuto comune si era intrufolato nel gruppo.
Nel Castello di Portofino si era insediato un tenente della Marina tedesca, Ernst Reimers, che aveva allestito delle celle nella torre, dove poi sono state trovate varie scritte di prigionieri rimasti sconosciuti, e che aveva fama di torturatore e assassino. Pare che, prima dell'esecuzione, i soldati tedeschi si fossero ubriacati. I corpi dei prigionieri vennero legati assieme, con fil di ferro e reti (materiale che i tedeschi si erano fatti consegnare dagli abitanti del borgo), caricati su un barcone, che fu poi visto insanguinato, e gettati in mare con una zavorra di pietre. Si sa che alle operazioni parteciparono componenti delle Brigate Nere. Quando Vito Spiotta venne interrogato e accusato di questi fatti ne attribuì la responsabilità al suo superiore, Falloppa, e questi ai tedeschi che avrebbero dato l'ordine e poi eseguita l'uccisione dei 22 prigionieri.
Per anni la ricostruzione dell'identità delle vittime si fermò a 21 nomi. Si scoprì che un partigiano, il cui nome era stato riportato nella lapide, in realtà non era morto all'Olivetta. Rimaneva quindi ignota l'identità del ventiduesimo prigioniero ucciso, quello aggiuntosi credendo di ottenere la libertà, che fu infine accertata soltanto nel 1970. Nel maggio 1945 la Commissione per le epurazioni insediatosi a Santa Margherita avviò le ricerche di Reimers, che risultava essere prigioniero degli alleati a Livorno. Ma non ne ottennero la consegna e se ne persero le tracce. Quando al Tribunale militare di Torino, nel 1996, vengono ripresi i procedimenti per l'individuazione dei responsabili di varie stragi, troviamo anche i fatti dell'Olivetta e i nomi dei responsabili: Reimers come comandante del presidio di Portofino e Engel come l'unico che può aver dato l'ordine e fatto prelevare i prigionieri a Marassi. Quanto ai motivi di questo delitto, particolarmente efferato ed inutile, anche se non è stato presentato come una rappresaglia, tanto che è stato compiuto in segreto, lo si può forse considerare una reazione non dichiarata in seguito alla "giornata della spia" indetta proprio pochi giorni prima, il 30 novembre, in occasione della quale i partigiani avevano mostrato di avere grande forza e autonomia d'azione, ed avevano giustiziato varie spie al servizio dei nazi-fascisti.
FONTE ILSREC GENOVA
Celso e Alfredo Meldi
Martiri praesi nell'eccidio
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